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Viaggio a Lebanon in Usa 1931 | home page

 

 

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  Leopoldo Caraffa
(Cairo, Egitto 1911 - Malaga, Spagna 1981)
 
   
  ritratto di Leopoldo Caraffa (1931)  
 
 
     
 

Al termine dei sei mesi americani, nella scheda di Macfadden è definito come "a very good all-round athlete. Excelled in baseball" (Macfadden, p.126). Si distingue nelle gare di corsa, soprattutto nel mezzofondo (p.107). È segnalato anche come uno dei più forti giocatori di basket, componente del quintetto base ideale tra i 40 cadetti. Entra in ruolo come insegnante di educazione fisica nel novembre del 1933 con destinazione San Marcello Pistoiese.

 
     

con l'amico Vincent, 1931

Lettera testimonianza di Dora Accordi, moglie di Leopoldo Caraffa

 

Leopoldo è nato al Cairo (come sesto dei suoi otto fratelli) perché suo padre, siciliano, era il direttore delle scuole italiane al Cairo e al Cairo, sempre alle Scuole Italiane ha frequentato il liceo e nel 1931 si è stabilito in Italia, a Roma, per frequentare l'Isef.

 

Dopo aver preso il diploma e completato lo stage di sei mesi in America insegnò qualche anno in Italia e poi a Tunisi, ad Algeri, a Sofia, a Salonicco dove si trovava quando scoppiò la guerra. Si arruolò e fu ferito in Libia e nel '43 si ritirò sulle montagne pistoiesi (Maresca, a sei km da San Marcello) senza aggregarsi né coi fascisti né coi partigiani.

 

Nel 1940 io ero con la mia famiglia in villegggiatura a Maresca e conobbi questo signore originale che passava per le strade del paese con il suo ukulele e con un codazzo di ragazzi che lo seguiva. Ci dovevamo sposare nell'autunno del '40 prima che Poldo partisse per la guerra, ma i suoi documenti non arrivarono in tempo, così ci siamo sposati solo il 13.7.1946 senza mezzi e senza corredo (perduto) ma col nostro entusiasmo e col nostro amore.

 
 

 

Leopoldo alla fine della guerra riottenne il suo posto di insegnante a Imola e l'anno dopo su sua richiesta fu trasferito a San Marcello dove sua madre aveva una grande, vecchia casa e dove noi ci trasferimmo in via provvisoria, nell'attesa di costruirci una casa nostra. Infatti entrammo in casa nel 1955. Intanto avevamo fatto domanda per insegnare nelle scuole italiane all'estero ma avemmo la pretesa di trovare due posti liberi, uno di educazione fisica per Poldo e uno di matematica e scienze per me. Trovammo questa fortunata combinazione a Tangeri e di lì Poldo andò in pensione nel 1969 ed io fino al 1981. Quando Poldo mancò anche la scuola italiana di Tangeri fu chiusa perché troppo dispendiosa.

 

Così Poldo si dedicò alla sua amata barca, purtroppo per poco tempo. I suoi reni cominciarono a funzionare sempre peggio e anche quando andò in dialisi il suo cuore non lo sopportava bene. È mancato a alaga (a Marbella) in Spagna, il 18.12.1981 ed ora riposa a Libiolo di Serravalle a Po in provincia di Mantova, dove abbiamo una piccola cappella di famiglia.

 

Dora Accordi, moglie di Leopoldo Caraffa, lettera inivata da San Marcello Pistoiese, marzo 2010

Caraffa, a sinistra, ritratto

con i compagni di viaggio

 

 

 

didascalia della foto a sin.

scritta da Carlo Eugeni

 
 

Leopoldo Caraffa ritratto a testa in giù sulla neve di Dansville

lo sorreggono i fratelli Russo e Carlo Eugeni, a destra

 
     

pagine tratte dalla rivista

 

dalla rivista "Vela e motore", ottobre 1969

Racconto della crociera effettuata per i vent'anni di matrimonio

da Leopoldo Caraffa e dalla moglie Dora Accordi

da Porto Garibaldi a Bari e da Bari a Tangeri

 

 

dal testo di Dora Accordi

 

Eccola, questa barca, che io non ho né desiderato, né voluto: è arrivata su un grosso rimorchio a Porto Garibaldi. La considero come i mariti devono considerare le pellicce di visone delle mogli, soldi buttati via. Mio marito naturalmente non sta nella pelle, è la sua prima barca, e la segue con gli occhi e con il cuore mentre scivola dal carrello nell'acqua del canale. Ogni tanto vien giù uno scroscio di pioggia. A mala pena ci ripariamo sotto un ombrello con in mano la bottiglia di spumante per battezzarla. Però, bisogna riconoscerlo, questa barca bianca che porta il mio nome, ha una gran bella linea, svelta ed elegante. Ormai che c'è, diamoci da fare per rifornirla.

Appena usciti da Pescara abbiamo vento buono, forte, dal primo quadrante, procediamo di bolina larga, così dice il marito meteorologo, marinaio, capitano, responsabile della sua e della mia vita.

 

Ci passano davanti i paesi sparsi sulle verdi colline dell'Abruzzo. La barca fila nel mare leggermente mosso ad una velocità che giudichiamo di sei nodi abbondanti. Sul far della sera il vento rinforza e vedo mio marito un po' preoccupato. Invece, dopo circa un'ora, per fortuna cala rapidamente e poi purtroppo cade. Mettiamo a motore. A mezzanotte io prendo la barra per far dormire mio marito. E' la prima volta che sono proprio sola al timone e responsabile della barca. Sono tutta agitata: non stacco gli occhi dalla bussola …

 

Bari è una bella città con strade moderne e larghi viali. Le distanze sono grandi; …  Un gentile signore si ferma e ci accompagna. Lo invitiamo sulla barca a bere un aperitivo e chiacchieriamo piacevolmente con lui, seduti al fresco nel comodo pozzetto. Questo signore è così gentile che si offre di venire a prenderci domattina per accompagnarci alla stazione. Se tutti i baresi sono così, Bari è una città straordinaria.

 

Mercoledì 14 agosto alle dieci parte il rapido per Bologna sul quale io salgo sola. E' la nostra più lunga separazione in vent'anni; venti anni di matrimonio, venti anni sereni, che avevamo festeggiato con la crociera da Porto Garibaldi a Bari. Ci auguriamo reciprocamente buon viaggio.

 

(Dora Accordi)

 

dal testo di Leopoldo Caraffa

 

… Parto alle 12 da Bari, dopo aver accompagnato mia moglie Dora alla stazione. Mi aspettano ancora 1200 miglia di mare e di incognite. Sono solo. Ora mi toccherà farmi da mangiare, rigovernare e scrivere il giornale di bordo.

Mentre sto facendo rifornimento di benzina si avvicina un gruppo di donnette.

« Guarda guarda - fa una - è il navigatore solitario ».

« Fa il giro del mondo? » : mi domanda un'altra.

« Sì, volete venire con me? » : dico io scherzosamente e quella risponde:

« Signore mio, io soffro il mare, se vengo a bordo io 'moio' ».

Sabato 24.. Alle 15 entro nel porto di Gela …  Anche oggi come tutti i giorni, dopo essere stato per tante ore alla barra, sono molto stanco e mi rendo conto che per navigare da soli ci vuole il timone automatico. Spesso, durante le passate burrasche, mentre lottavo col freddo, con gli spruzzi salati e col vento, mi sono affacciato al portello che immette in cabina e sono sempre rimasto piacevolmente sorpreso dall'ambiente tranquillo e sereno che vi regna: la radio continua a trasmettere in sordina, l'acqua per gli spaghetti bolle ondeggiando sul fornellino, i cuscini delle cuccette sono asciutti e invitanti, ma non c'è niente da fare, non si può goderne, la barra va tenuta. Se ci fosse il timone automatico, oppure qualcuno che mi aiuti. Lo cerco al porto e lo trovo nella persona di Giuseppe Incorvaia, uno degli ultimi pescatori di spugne sui bassi fondali tunisini.

 

… arriviamo a La Calle. È un delizioso porticciolo molto protetto costruito dai siciliani nel 1700. … Peccato che abbiamo d'intorno tutti questi signori che vogliono sapere come mi chiamo, come si chiama Giuseppe, come si chiama ia barca, come si chiamano mio padre, mia madre, la madre di Giuseppe, il padre della barca. Una cosa incredibile, più di quattro ore di interrogatorio prima di restituirci i documenti.  

navighiamo ora davanti a bellissime spiagge e graziose villette nel verde dei monti, mentre un branco di delfini salta allegramente intorno alla barca. Saltano così vicini che si potrebbero toccare con le mani. Sembra che i delfini prediligano il mare mosso. Ci seguono come se fossero una guardia d'onore. Di giorno sfrecciano nell'acqua verde, ci superano, tagliano la nostra rotta, saltano, tornano indietro, saltano ancora guardandoci. A volte sono in due e nuotano assieme uno a fianco all'altro sotto il pelo dell'acqua. Di notte ne avverto la presenza per il rumore in confondibile del respiro in quell'attimo di emersione. Sono vicinissimi, ecco, li vedo nella tenue luce della luna, sfiorano il bordo della barca, lo toccano. Sarebbe facilissimo arpionarli ma perché, povere bestie?

Sono nello stretto di Gibilterra. La costa spagnola è immersa nella nebbia e soltanto una breve fascia di mare a Nord della costa africana è libera. Si sentono ululare le sirene delle navi che cercano la loro strada. Ripenso a tutto quello che ho sentito dire sui pericoli dello Stretto, sono ansioso e preoccupato ma continuo secondo la rotta stabilita. Dove siamo noi c'è levante e la visibilità è discreta.

 

8 settembre : alle dieci di domenica entriamo nel porto di Tangeri.

 

(Leopoldo Caraffa)

dal volume "Italian phisical culture demonstration", New York, 1932

     
 
 
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Per una informazione generale sulla vicenda si legga
Ernesto R Milani, Il viaggio dei 40 cadetti della Farnesina a Lebanon, Tennessee: 1931, 14 luglio 2008 

 
 
 
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inserito marzo 2010